di Carlo Barbagallo
Tutto previsto, nella disattenzione dei principali mass media il Mediterraneo è tornato ad affollarsi di barconi e gommoni carichi di profughi che dalla Libia cercano disperatamente di raggiungere le coste della Sicilia. Parlano chiaramente i numeri di questo atteso “nuovo” flusso di fuggitivi: nella sola giornata di lunedì scorso (11 aprile) in duemila hanno attraversato il Canale di Sicilia, già altrettanti la settimana prima. Il Viminale ha reso noto che in meno di tre mesi e mezzo di questo 2016, gli arrivi di profughi sono stati il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (come dire, 24 mila contro i 12 mila dei primi tre mesi e mezzo del 2015).
I mezzi della Guardia Costiera, della Marina Militare e della Guardia di Finanza, unitamente a navi dei Paesi che prendono parte alle operazioni Frontex e a navi mercantili, hanno tratto in salvo lunedì scorso, a 30-40 miglia dalla Libia, 2154 profughi che si sono avventurati nelle acque del Mediterraneo a bordo di 17 fatiscenti, imbarcazioni. Fortunatamente nessuna vittima, grazie alle favorevoli condizioni meteorologiche e il mare calmo: 375 migranti sono stati sbarcati sull’isola di Lampedusa, 740 a Trapani, 739 ad Augusta. Il ministero dell’Interno è dell’avviso che l’aumento del flusso dei profughi nel Mediterraneo non sia conseguenza della chiusura della “rotta balcanica” , ma una strategia dei trafficanti di esseri umani in Libia, che prevedono una svolta restrittiva nei controlli da parte del nuovo governo di Tripoli.
Da più parti viene avanzata la preoccupazione che il sistema di accoglienza in atto in Italia non sia più sufficiente: già presenti sul territorio nazionale 111 mila profughi, solo quattro hotspot in funzione (a Lampedusa, Pozzallo, Taranto e Trapani) più uno mobile da Catania. Ci sarebbe una quinta struttura in Sicilia, quella del Cara di Mineo, che si ipotizza di riconvertire a hotspot. Ma in vista di nuovi arrivi, l’esistente non basta e potrebbero crearsi problemi pesanti nell’accoglienza dei nuovi rifugiati. Medici Senza Frontiere ha lanciato l’allarme: in Italia sarebbero presenti almeno diecimila richiedenti asilo e rifugiati che vivono al di fuori del sistema ufficiale di accoglienza, in condizioni definite “inaccettabili”.
Un po’ in ritardo le parole pronunciate ieri (13 aprile) dal Presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk alla Plenaria di Strasburgo: “Dopo la soluzione sul fronte della rotta balcanica sappiamo che si potrebbe riaprire quello del Mediterraneo centrale: siamo pronti a dimostrare solidarietà a Italia e Malta”. La “rotta del Mediterraneo” per i fuggitivi che provengono dalla Libia non si è mai chiusa, come dimostrano i fatti. Probabilmente nella sua visita lampo a Tripoli il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni non avrà avuto modo di affrontare la problematica dei migranti con il premier designato Fayez al Sarraj, con tutte le questioni “primarie” sul tappeto, quali gli aiuti italiani di emergenza e sostegno del governo libico. Saranno le occasioni d’incontro future che consentiranno di discutere sulla delicata questione. Ma intanto l’emergenza profughi dovrà pesare sulla Sicilia già in emergenza.